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Partnership Negotiation

Stefano Beretta

I buyer delle catene della GDO sono spesso considerati dai colleghi di altri mercati particolarmente fortunati perché in posizione dominante, invidiati per i volumi che acquistano, la tranquillità della posizione che ricoprono e la possibilità di scegliere tra fornitori alternativi.

I venditori dei produttori, a loro volta, si lamentano del fatto che i loro margini sono costantemente erosi da buyer della GDO aggressivi con condizioni di acquisto vessatorie e dipingono un quadro complessivo in cui la GDO non solo chiede sconti per essere aiutata nelle promozioni di prezzo, ma in aggiunta pretende il riconoscimento del credito per la promozione efficace, chiede sconti retroattivi e contributi marketing, sanziona i fornitori per il “mancato profitto” in situazioni di rottura di stock, impone unilateralmente nuovi termini di pagamento, minaccia delisting… e tanto, tanto altro ancora!

Tuttavia non tutto è come appare; infatti, dalle conversazioni che ho avuto con molti manager che si occupano di acquisti nella GDO, risulta chiaramente che i buyer sono costretti a operare su base regolare con decine di fornitori e centinaia di referenze, che di frequente sono il riferimento per la soluzione di ogni inefficienza della struttura per cui operano, e devono recuperare la marginalità persa a causa della gestione inefficace praticata nel punto vendita o da strategie di insegna incoerenti. Ed è in questo scenario che i buyer della GDO si possono anche trovare a gestire fornitori tanto fiduciosi della forza del loro brand da non cedere alle richieste e utilizzare tutti gli strumenti possibili per rendere difficile ogni cambiamento.

È questo il caso di un buyer, con cui ho frequenti conversazioni, il quale mi racconta che è costretto a discutere costantemente con un fornitore del settore del Bianco che pretende di negoziare costantemente ogni piccola modifica contrattuale e si prende i “suoi tempi” per le decisioni che potrebbero influenzare il proprio posizionamento di marca. Tutto ciò, nonostante le minacce di delisting che vengono prontamente rintuzzate con tattiche sempre più svariate e creative. Da un punto di vista accademico la cosa mi rende particolarmente soddisfatto perché è la prova di quanto, noi di Scotwork, professiamo da anni: ovvero che un approccio strategico, strutturato, alla negoziazione quotidiana può riportare il rapporto tra le parti a un livello di parità .

Vero è che tale comportamento può essere motivo di difficoltà e irritazione per il buyer, ma è altrettanto vero che, in un’ottica allargata, un certo tipo di “tensione negoziale” è un fattore utile per le aziende di entrambe le controparti in quanto genera, come conseguenza, non solo una continua ricerca del miglioramento delle reciproche posizioni ma anche un’indicazione per il Management che gli obiettivi sono stati settati in modo corretto. Detto ciò, confesso che ogni volta in cui sento una persona del Procurement dirmi: “rinegoziare i contratti su base annua / trimestrale / mensile richiede troppo tempo perché certi elementi sono concessioni che sono ormai parte del contratto”, mi pongo delle domande. Quando le condizioni complessive cambiano e il valore generato per gli stakeholder è maggiore rispetto al tempo dedicato alla trattativa, allora rinegoziare un contratto è un dovere e, nel caso in cui questo non accada, è in questa circostanza che il Management potrebbe aver serie motivazioni a interrogarsi sul perché. A volte è solo il costo del tempo necessario al cambiamento a essere elevato; a fronte di ciò, dunque, invece di pensare a ristrutturazioni che aumentano in misura esponenziale il carico di lavoro sui singoli individui, o inventare modelli di asta online, forse avrebbe senso allargare alla vendor list dei propri fornitori strategici un knowhow che consenta di accelerare il processo e riduca i tempi negoziali.

Trasformare l’approccio con i fornitori in un programma negoziale di partnership in cui questi diventino i generatori di valore lungo la catena logistica e di marketing fino al proprio cliente finale, è la leva che può rivoluzionare in modo strategico, sia il ruolo della Funzione, sia il posizionamento dell’azienda nei confronti dei propri concorrenti. L’integrazione culturale tra cliente e fornitore, pur nel rispetto delle reciproche posizioni, è un fattore di successo che, noi di Scotwork, abbiamo sperimentato negli ultimi anni in molteplici contesti industriali e che può essere trasformato in realtà a sostegno delle strategie dell’azienda.

La dimensione di un’azienda, di un brand o il suo posizionamento, da soli, non conferiscono maggior forza negoziale; è la comprensione continua di cosa la controparte vuole o vuole evitare che permette di sviluppare potere nel negoziato. Il compito di un buon negoziatore spesso si traduce nel saper mantenere questo potere in equilibrio per evitare lo svilupparsi di situazioni in cui si passi da un rapporto tra “pari”, in “tensione negoziale” positiva, a una situazione in cui una “parte diventi dominante”, rischiando di dar vita a una situazione capace di creare precedenti che distruggono valore nel lungo periodo. È in queste circostanze che la “Partnership Negotiation” interviene per consentire di gestire il fornitore in modo da estrarre il maggior valore possibile.

Partnership Negotiation non significa cedere, anzi! Significa utilizzare al meglio le proprie concessioni senza generare precedenti di lungo periodo; significa, per l’azienda, utilizzare nel Procurement le proprie risorse migliori perché diventino la chiave per differenziare la società rispetto alla propria concorrenza.

Stefano Beretta

 

L'articolo è stato pubblicato su THE PROCUREMENT (maggio 2016).

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