Di recente ho letto un articolo scritto dal mitico copywriter ed esperto di marketing Drayton Bird, che ha lavorato per American Express, British Airways, Deutsche Post, Ford, Microsoft, Nestlé, Procter & Gamble, Philips, The Royal Mail, Unilever e Visa.
Ha scritto una divertente - ed istruttiva - storia della volta in cui è stato inviato a un seminario negli Stati Uniti dal suo capo. Al suo ritorno, il capo gli ha chiesto che cosa aveva imparato.
Ci pensò un attimo e poi rispose: "Dobbiamo smettere di pensare al breve termine e fare una strategia per generare i profitti di lungo termine". "Proprio così, caro ragazzo", rispose il capo. "E i migliori profitti di lungo termine sono realizzati con una successione di profitti a breve termine".
C'è un gran parlare oggi sulla strategia, per lo più applicata a qualcosa di terribilmente semplice e realmente tattico e altrettanto spesso aggiunta al titolo di qualcuno per farlo sentire importante. La mia opinione è nel momento in cui inizi a sentirti importante, ti trovi in grossi guai, ma questo è un altra storia.
Che il lungo termine sia costituito da una serie di decisioni a breve termine è quasi banale dirlo ed evidente all'estremo, ma senza un occhio sul lungo termine forse il breve termine può creare una cecità ai problemi potenziali che le nostre reazioni istintive alle situazioni possono creare.
Per un direttore acquisti potrebbe essere miope schiacciare il fornitore fino ad un punto in cui non vi è alcun interesse da parte di quest'ultimo a portare nuove idee, metodi di lavoro, sviluppi strutturali o concetti creativi. All'opposto, per il fornitore chiedere un prezzo per i suoi nuovi prodotti e servizi rivoluzionari tale che l'acquirente è incline a investire in alternative o trovare un modo per aggirarlo e sentirsi insoddisfatto non può favorire buone relazioni di partnership a lungo termine.
Non tutti i negoziati hanno un impatto strategico di lungo termine. Molti lo hanno.
Meglio avere una strategia.
Alan Smith, Claudio Cubito